Perché…L’Ortaccio?!

Quanti di noi, avventori più o meno frequenti di questo luogo ci siamo chiesti a cosa si debba questo buffo nome?

Eccone la storia in pillole.

L’Ortaccio era il vezzeggiativo con cui i vicaresi chiamavano un pezzo di terra adibito ad orto che si trovava all’interno delle mura perimetrali dell’attuale circolo e che era di proprietà di una nota famiglia vicarese.

Il dispregiativo era usato di proposito per sottolineare la cattiva cura e il disordine con cui l’anziana signora della famiglia si occupava di quel pezzo di terra. Ella si fregiava persino, nonostante gli evidenti cattivi risultati, di sapere competere con i contadini nel lavorare la terra e ciò non le permetteva di godere di particolare simpatia presso di loro.

A quel tempo, parliamo della fine degli anni ’60, vi era in paese un gruppo nutrito di uomini e donne tra cui troviamo i fondatori del circolo di oggi, che era alla ricerca di locali dove incontrarsi e stare insieme.

Il fondo a loro disposizione fino a quel momento erano dei locali annessi all’attuale negozio di alimentari in piazza Cavalca, ma erano piccoli e freddi, inadatti alle grandi prospettive di socialità di quel gruppo di persone.

Servivano aree più ampie per potere organizzare incontri, feste di partito, feste danzanti e sagre paesane.

Le grandi stanze e l’enorme zona verde dell’Ortaccio sembravano il luogo ideale, ma vari erano gli ostacoli: in primis i vecchi proprietari che non erano disposti a vendere – dopotutto l’orto, per quanto maltenuto e poco fruttifero, era il vezzo della signora…

Un altro ostacolo che si frapponeva a quell’idea era il costo enorme di acquisto e le non prevedibili spese per la ristrutturazione della struttura.

Ma il gruppo era deciso e, grazie all’avvicendamento a capo della famiglia di un figlio, più oculato forse e senz’altro meno ostinato dei genitori, tra il 1971 e il 1972 (la data precisa rimane incerta) fu stipulato il compromesso di vendita, e quel luogo da orto poco redditizio, si trasformò nell’Ortaccio, un luogo desiderato di raduno e di socialità.

Gli ampi spazi all’interno vennero liberati dai tanti tini di raccolta uva che vi erano depositati, fu costruito un bancone da bar, la sala al secondo piano divenne una intima sala cinema con gradoni e fu costruita successivamente un’ampia tettoia in legno.

La grande zona verde venne ripulita e, al posto dei disordinati canneti per i pomodori, si costruì un pallaio e, sotto un’ampia tettoia, venne allestita una cucina attrezzata per le sagre.

Le necessità di ristrutturazione e modifica del luogo imposero sacrifici a tutti i soci e le socie: ognuno fece la propria parte, chi sottoscrisse cambiali attingendo ai propri risparmi personali e chi mise a disposizione il suo sapere per le varie attività di ristrutturazione, chi piastrellò i locali all’interno, chi edificò la struttura della tettoia, chi cucinò per le sagre di autofinanziamento e chi lavorò come banconiere dietro al bancone del bar.

Proprio così: per non gravare sulle già stanche casse dei soci fondatori, a dispensare bevande e caffè si alternarono gli stessi volontari a titolo totalmente gratuito.

E’ nato così il nostro circolo. E di quel sacrificio e di quelle radici – quelle sì molto feconde – noi oggi, figli e nipoti di quel gruppo o “piovuti” da varie parte d’Italia, siamo il frutto e lo proteggiamo ogni giorno scegliendo questo luogo come sede della nostra socialità e della nostra partecipazione.

a cura di P.Rota